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L'indicibile sottratto al nulla
di poesia e di psicoanalisi
di Eva Gerace

Recensione di Maria Laura Falduto

Questo libro parla di un viaggio mosso da un inspiegabile desiderio di essere e fare con la lingua, di un progetto che nasce nel Caribe Colombiano, passa attraverso l’Argentina ed il Brasile per poi approdare in Italia, radunando nel suo cammino i contributi di poeti, musicologi, antropologi, letterati e psicoanalisti; di Poesia e di Psicoanalisi si parla, di due sponde al femminile che richiamano un connubio antico come la notte dei tempi, entrambe gravide di non-tutto e generatrici di significati: la poesia è “colei che dà alla luce”, e la lettera per riprendere le parole di Lacan, è come la pioggia che cadendo sulla terra produce un’ erosione e disegna delle tracce, segna impronte singolari … la lettera produce un’ incisione significante.
Ed è proprio nell’incontro delle singolari unicità che è possibile visualizzare in modo nitido l’ unione di poesia e psicoanalisi, la scrittura semplice, immediata, ma anche tecnica del testo ci riporta al significato più immediato dell’analisi e se vogliamo della cura, all’attenzione dell’analista verso l’allusione, intesa nel significato letterale del termine che ne da Lacan Ad-ludere, giocare vicino, intorno, collocarsi a una distanza altra; la possibilità quindi non senza difficoltà e sofferenza, di scorgere dietro il detto, il non-detto e il non- tutto, di permettersi di pronunciare l’indicibile, di leggere e leggersi nella profondità del silenzio che abita ciascuno di noi, di rischiarire le ombre dei significati inespressi, di ammutolire quel godimento pulsionale (posizione capitalista che si illude di avere tutto, di essere un tutto) che non permette di differenziarsi l’Uno dall’altro, per dar voce al desiderio che soggettivizza, che richiama il non-tutto-è (posizione desiderante) che guida e orienta sulla strada della libertà.
Emergerà infine dalle pagine del libro la necessità di ri-concepire la visione di una femminilità non più intesa come guardiana del godimento, come oggetto di possessione e di identificazione ma portatrice di una domanda di mancanza la cui risposta sta proprio nell’essere divisa, differenziata come possibilità di amare e desiderare e forse, si spera, di arginare i dilaganti fenomeni di violenza, di rifiuto, di isolamento e di negazione dell’ Alterità, legati all’inaccettabilità che si mostri, la donna, non tutta (per l’uomo).
Del resto l’amore è poesia, è il non-tutto del linguaggio, la parola che costeggia il vuoto, la sovversione del soggetto che attraversa le parole dell’Altro e inventa la propria enunciazione.

Reggio di Calabria 26/05/2019

Recensione di Maria Cucinotta

Lo scenario offerto da queste pagine descritte come un sogno iniziato nel continente americano, permette al lettore di accarezzare i propri pensieri più antichi. La modalità del testo rende possibile una lettura fluente profonda e leggera nello stesso tempo.

Eva Gerace ri-propone e ri-attualizza l’importanza che il legame (poesia e psicoanalisi) assume nell’evoluzione psichica individuale, anche in età adulta, esplorandone e illustrandone, con rigore clinico e scientifico, sia le vitali valenze di confronto e crescita sia le funzioni potenzialmente intrapsichiche, le quali ultime possono derivare dall’impossibilità ad esprimerle.

Lacan propone il godimento unito alla lingua e propone un neologismo: lalangue. Il compito dell’analista sarebbe rastrellare il godimento così che i significanti inespressi trovino la strada della libertà.

Più nello specifico possiamo dire che il libro esplora l’importanza dell’indicibile sottratto al nulla andando a riscoprire, le origini culturali antiche : un valore che è sempre esistito.

Lo scambio di intelletti (poeti autori analisti) affascina la lingua originaria e trasmette una esperienza direi cosmopolita, come diceva Petrarca.

Si evidenzia lo spessore della poesia che cura e si fa curare al tempo stesso dalla psicoanalisi.

Mi emoziona riportare alcuni passi:

Poesia e psicoanalisi percorrono  mano nella mano il mondo delle lettere con finalità diverse. Una cerca di strappargli i sensi arruginiti e scoprire altri modi di dire la realtà cioè sovvertire la lingua per far sì che la realtà sia altra. L’altra tenta di mutare il senso prodotto dal dire di un analizzante dove il patire si mostra nella sua sofferenza e cerca così di toccare la lingua che si è incagliata; una sofferenza così incarnata si apre alla libertà o  trova un’altra via per lei.

Emozionante l’immagine di queste persone che da luoghi diversi di qui e di là dell’oceano fanno incontrare il pensiero attraverso inseminazioni della lingua. La frontiera della lingua, la sua centralità è stata causa dell’incontro, con un lavoro di traduzione…esito di un atto di amore alla lingua che vive in questo libro…

Cito Siracusano: “l’ectopia è il luogo in cui la fantasia e la realtà si incontrano per consentire che un oggetto, di per sé estraneo al rapporto, acquisti un senso privilegiato e di reciproca comunicazione e conoscenza”

 

Interessante e significativo il vertice storico-culturale della poesia attenzionata nel libro; la storia della poesia araba sviluppatosi in Sicilia durante la denominazione arabo-islamica.

Il poeta (parola araba sha’ir) colui che sente e che prova,è descritto come un essere dotato della capacità di sensazione, colui che è in grado di percepire cose che gli altri non possono…funzione trascendente quasi come se fosse uno sciamano…il poeta arabo possiede il potere della parola.

La prima produzione poetica siciliana non si svincola dagli schemi tradizionali tipici di quella orientale…come avveniva nella tradizione del modello poetico preislamico, il poeta è una sorta di portavoce del suo clan e ha il compito di vantare i pregi della propria discendenza…la poesia assicura la memoria collettiva e riveste un’importanza decisiva nello stabilire le regole di appartenenza alla comunità araba e islamica e alla evoluzione del potere.

Il poeta deve in sostanza perpetuare il modello classico in modo che la poesia mantenga viva la sua funzione nella costruzione della cultura presente.

Il capitolo “il velo della poesia”di Eva Gerace si sofferma sull’incontro della poesia e della psicoanalisi che permette di mostrare un velo, quello della femminilità…poesia e psicoanalisi costeggiano e ricamano un vuoto centrale dentro un’aria irrespirabile…entrambe pratiche simboliche…entrambe affrontano quella parola slegata che irrompe.

L’amore è poesia…la sua funzione guardiana della sessualità (Freud-Lacan)

L’atto analitico la poesia la femminilità enunciano il non-tutto del linguaggio…l’inconscio…

A proposito della scoperta della terapia analitica che mette in parole l’inconscio, sia la poesia che la psicoanalisi nascono e si costituiscono con la logica del non-tutto, i lapsus, sogni, sintomi, atti mancati…. Mi viene in mente il caso clinico di una paziente che è riuscita ad abbassare le difese attraverso i suoi elaborati artistici prodotti nei suoi studi universitari.

Gli autori del libro comunicano creando uno spazio intimo, direi “familiare” facendo ricorso a seguire nelle pagine di questo un dialogo della parola al fine di creare…la lingua origine materna…il linguaggio propriamente paterno.

“I poeti sanno in genere una quantità di cose fra cielo e terra che il nostro sapere accademico neppure sospetta” (Gradiva 1906)

Comunicare è l’essenza del libro, portatrice di trasformazione da parte di chi legge; come dice Bion «la trasformazione non può avvenire senza un’esperienza emotiva».

Questo contenuto vuole proporre alcune riflessioni sulle emozioni in gruppo di studiosi.

L’emozione è la matrice del pensiero”dice M. Blanco.  Il termine “matrice” stimola a fare l’associazione con il significato che Foulkes ha impiegato al posto del termine “madre”: la madre è colei che genera un essere umano, la matrice è il terreno comune da cui è stato generato un gruppo.

 

Alcune mie riflessioni: nell’opera d’arte sono presenti meccanismi intrapsichici impliciti; un’opera d’arte provoca una emozione o la blocca o rischia di scardinare un evento emotivo soggiacente se in qualche modo è riuscita come un sogno a rappresentare qualcosa che non era possibile pensare.

Cito Freud… “le opere d’arte esercitano su di me un notevole effetto…per questo mi è capitato, nella contemplazione di tali opere di passare molto tempo davanti ad esse, nel tentativo di conoscerle a modo mio, cioè spiegare a me stesso, a cosa fosse dovuto il loro effetto…”

La poesia è la forma della mente. Un evento che riguarda insieme psichico e somatico racchiude un emozione che coinvolge tutte le parti del nostro essere ed informa tanto la coscienza che l’inconscio. Parafrasando l’emozione svolge un ruolo fondamentale nelle costruzione delle metafore, dei simboli, delle rime poetiche, dei sogni di un paziente.

Queste pagine hanno reso possibile il passaggio dalle origini della poesia attraverso le origini dell’individuo stesso.

Mi piace concludere rappresentare attraverso un immagine poetica la storia trasformativa di questo gruppo di studiosi attraverso dei passi di E.Montale… “fu il nostro incontro come un ritrovarci dopo lunghi anni di straniero errare, e in un attimo il guindolo del Tempo per noi dipanò un filo interminabile. Senza sorpresa camminammo accanto con dimesse parole e volti senza maschera”

 

Recensione di Franco Romanò

 

Il libro, curato da Eva Gerace, raccoglie i contributi teorici e poetici di due convegni dallo stesso titolo che si sono svolti a Milano e a Reggio Calabria nel giugno del 2017. Il titolo indica subito una delle peculiarità del testo, il suo bilinguismo. La prima idea da di questi convegni, infatti è nata molto lontano da qui, fra i Caribi colombiani e Buenos Aires, poi si è diffusa virtualmente con una serie di scambi e proposte che correvano nella rete, per approdare finalmente a un atto concreto: due incontri durante i quali i linguaggi della poesia e della psicoanalisi si esponevano all’ascolto reciproco, senza preordinati scopi.

Poesia e psicoanalisi si frequentano da tempo, dal momento in cui il fondatore della teoria Sigmund Freud indicò nei poeti gli anticipatori di molte scoperte psicoanalitiche. Nonostante questo, tuttavia, i dialoghi così ravvicinati fra i due linguaggi non sono stati poi così frequenti nella storia e, talvolta, i tentativi di farlo si sono risolti in fraintendimenti. La critica letteraria si è avvalsa della teoria psicoanalitica, ma questo è un discorso a sé. Ciò che abbiamo voluto fare in questi convegni, e anche nel libro che ne è nato, qualcosa di diverso e le parole chiave per intenderlo vanno cercate proprio nella comune attitudine all’ascolto e nel titolo.

Non è sorprendente affermare che la psicoanalisi è assai basata sull’ascolto della parola di un analizzante, lo è di meno forse affermare che anche il poeta ha a che fare con tale capacità. Noi siamo circondati dal rumore, in senso stretto e in senso figurato: è rumore quello fisico, ma è rumore anche il bombardamento di notizie, il brusio continuo che uccide il silenzio. Ascoltare no significa semplicemente porgere l’orecchio ai rumori del mondo, ma anche saper cogliere nella parola che scarta, della voce dissonante, la spia di qualcosa che giace sul fondo: sarà l’inconscio di qualcuno per lo psicoanalista, per il poeta potrebbe essere proprio quella parola che dal rumore assordante emerge come alterità.

Ecco allora che entrambe questi linguaggi possono trovare proprio nell’ascolto un punto di convergenza; il che non significa trovare chissà quali accordi, ma affermare che per entrambe la disposizione all’ascolto è fondamentale. Per capirne fino in fondo le ragioni dobbiamo tornare al titolo che in parte potrebbe sembrare un ossimoro concettuale: come si può strappare al nulla l’indicibile? La metafora che abbiamo usato non è però difficile da spiegare.

Sia la psicoanalisi sia la poesia cercano di ascoltare e captare quel poco o tanto che si può sottrarre a una forma di oblio, o perché sepolto nei meandri di un inconscio, o pure – per il poeta – perché non sempre la parola poetica ha la forza di ergersi oltre la barriera della comunicazione assordante. Quando però questo avviene, si dischiudono mondi e prospettive, la realtà perde un po’ del suo peso. Nei convegni e nel libro abbiamo cercato di offrire e rappresentare due modalità e due percorsi che entrambi si pongono questo problema: salvare la parola preziosa dall’oblio.

Se ci siamo riusciti o meno solo lettori e lettrici potranno dirlo.

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