top of page
Santa_Maria_delle_Battaglie_Raffaele_Nig
Santa Maria delle Battaglie
di Raffaele Nigro

Recensione di Francesco Idotta

 

Santa Maria delle Battaglie. La Madonna della Parola, la Signora della narrazione.

Raffaele Nigro, in questo libro, pubblicato da Rizzoli, ha superato il limite del silenzio. Con Gabriele e Michele ha “convertito” il buio della superstizione in Luce deflagrante, in fuoco d’artificio.

La sensuale leggerezza del fumo; la potente deflagrazione delle botte di mortaio; la penetrante astuzia del profumo, il quale invade le cellule e le ubriaca, facendole girare e danzare come petali al vento; l’agre sapore del sangue che “bagna” il Mediterraneo, durante gli scontri tra Spagnoli e Arabi; la preghiera inascoltata; il pianto dei folli; la trasposizione dei desideri su navi di legno che segnano il futuro; le parole ai dormienti, di Santa Maria delle Battaglie Perdute, sono i coprotagonisti di questo libro.

San Raffaele Nigro della Penna Vermiglia lincia ogni speranza di miracolo divino e trasporta sulle sue ali sacrileghe una dolcezza smisurata, seducente come lo sguardo di Ardeniza, una Sherazade che salva con la parola. In questa figura femminile, la cui pelle sa di vento e di deserto, sta la salvezza dell’uomo effimero, signore della morte, padre della demenza, viceré dell’inutile.

La parola sovrasta la follia della speranza nell’intervento divino. Tutti urlano “Allah akbar” (Allah è il più grande), ma tutti sanno che è meno grande della parola narrata, meno grande di Ardeniza, meno grande di Vittoria Colonna, la cui poesia sorvola il Mediterraneo della Guerra e feconda di perdono e ammirazione le aride sabbie del deserto.

Un meta romanzo, quello di Nigro, in cui il tramite tra mondo narrato e lettore è costituito dalla impotente Santa Maria delle Battaglie. Un escamotage narrativo di folgorante bellezza, che affascina e trascina nel pantano dell’impotenza divina, nella scoperta di una possibilità umana, data dalla parola e dalla sua capacità di trarre fuori dall’oblio ogni storia, ogni percorso.

Santa Maria delle Battaglie non è un romanzo storico, ma un romanzo filosofico, il quale si dispone su un piano formale ineccepibile. Nigro, usando la dialettica come metodo di indagine, investiga l’umano, lo interroga radicalmente e senza sosta, senza la speranza di ottenere risposte, ma col desiderio di tracciare una possibile alternativa alla fede cieca, alla demenza figlia dell’abbandono, all’ignoranza dell’affidarsi al cielo. La terrestrità di Nigro è una sorta di amor fati, in cui il “sì” non è al destino, ma alla parola che lo può cambiare, alla voce che può deformare lo spazio e con esso il tempo. Quel suono fatto di sangue, sesso, carezze e fragranze mortali. Anche San Michele ne subisce la chiamata, anche Santa Maria delle Battaglie cade nel fango, ammette la sua inettitudine divina e riconosce la straordinaria vitalità della parola umana. Perché in essa c’è pneuma, soffio vitale, la tragedia di una consapevolezza: il divino è impotente perché l’uomo lo scolpisce nell’ulivo o nel marmo, e così facendo lo rende reale, gli dà vita, ma non onnipotenza; quell’uomo, quel creato, costituito con la stessa materia delle stelle, il quale vince soltanto quando si pone ad ascoltare una storia o quando ne racconta una così straordinaria come quella di San Raffaele Nigro della Penna Vermiglia.

bottom of page